Lavori di qualità e qualità nel lavoro

di Lavoro Turismo

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7/5/2024

| Leading Hospitality Employer
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Richard Branson è noto, tra le altre cose, per aver detto: “I clienti non vengono per primi. I nostri collaboratori sono al primo posto. Se ti prenderai cura dei tuoi collaboratori, loro si prenderanno cura dei tuoi clienti”. Una frase che ben esemplifica gli argomenti che tratteremo in questo articolo: l’importanza che la qualità del lavoro ricopre nel settore dell’ospitalità, la sua influenza sulla soddisfazione dei clienti e dei dipendenti e le sfide alla base della sua misurazione.

 

 

Più qualità ai clienti richiede più qualità ai dipendenti

 

Il concetto di qualità nell’approcciare il lavoro e la prestazione lavorativa ha avuto una rilevante affermazione negli ultimi decenni. Si è capito infatti che per avere la meglio negli scenari sempre più competitivi e multicanale e per mantenere alta la leva del prezzo, bisogna puntare sul fornire prodotti e servizi che siano sempre più curati, flessibili e legati alle reali aspettative dei propri clienti. Di conseguenza, è aumentata la varietà delle offerte di valore e anche la specializzazione delle aziende e delle diverse competenze distintive necessarie a creare la qualità richiesta dal mercato.

 

Si tratta di una tendenza forte, al di là degli innumerevoli strumenti digitali che facilitano l’approccio qualitativo e la sua misurazione anche basandosi sui feedback dei clienti che guidano le scelte di altri consumatori, secondo un approccio fino a pochi anni del tutto impensabile. E come tutti i processi di cambiamento ben definiti, questo trend sull’attenzione alla qualità percepita sta determinando nel tempo un cambiamento culturale e di mindset negli imprenditori in primis e, a cascata, anche nei lavoratori.

 

Da qui, si giunge alla conseguenza che se io imprenditore voglio che i lavoratori siano in grado di dare un contributo di qualità sempre più alta ai clienti, essi stessi devono percepire che l’azienda di cui fanno parte sia in grado di fornire un contributo di qualità a loro stessi come lavoratori.

 

Questo sembra essere ormai una condizione essenziale non solo per avere persone coinvolte e competenti nei confronti dei clienti, ma specialmente per attrarre e fidelizzare i collaboratori dei quali c’è un’effettiva carenza nel mondo dell’accoglienza. Questa carenza avviene sia per motivi demografici, sia per una sempre più alta mancanza di competenze, sia per un approccio spesso cambiato nelle nuove generazioni, che tendono a cercare nuovi stimoli, a vivere il lavoro in modo più pragmatico e aperto al cambiamento continuo.

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Il collaboratore come “cliente interno”

 

In tale contesto, si sta sviluppando in modo diffuso (anche se con un certo ritardo) il trasferimento dei concetti di qualità anche nell’offerta di lavoro. Si sta recuperando, quindi, il principio del “cliente interno”: considerare il proprio collaboratore come una sorta di cliente da soddisfare e, soprattutto, da fidelizzare nel tempo.

 

È piuttosto complesso concretizzare questo approccio mentale e culturale per offrire un posto di lavoro di qualità, in quanto i fattori che entrano in gioco sono numerosi, si influenzano a vicenda e sono poco conosciuti in modo “scientifico”. Inoltre, la loro applicazione non dà sempre risultati immediati e questo può scoraggiare coloro che hanno ben chiari gli obiettivi, come concretizzarli e con quale tempistica.

 

È comunque importante sottolineare che le “buone pratiche” per essere datori di lavoro di qualità hanno poco a che fare con le dimensioni dell’azienda turistica. Come in tutti i processi, ci sono delle economie di scala che subentrano nelle strutture più grandi, ma l’approccio e gli strumenti di base valgono per ogni gruppo di lavoratori.

 

 

La sfida nel misurare la qualità del lavoro

 

Quando abbiamo cominciato a pensare allo strumento LHE (Leading Hospitality Employer) per misurare e validare il livello di qualità nelle imprese dell’accoglienza, il primo ostacolo è stato proprio decidere cosa misurare. Per noi, era cruciale coprire tutti gli elementi importanti in modo gestibile e, nel contempo, fornire alle aziende delle precise priorità su dove operare per migliorarsi e/o consolidare i propri punti di forza.

 

Siamo quindi partiti da un’analisi della letteratura e degli studi sull’argomento, contestualizzandoli nello specifico ambiente dell’accoglienza. Abbiamo quindi stilato una lista iniziale di 50 elementi e ipotizzato per ciascuno l’impatto effettivo, sia nei contesti annuali, sia in quelli stagionali. Successivamente, abbiamo proceduto all’accorpamento dei diversi fattori in categorie e sottocategorie, elaborando un algoritmo che trasformasse il tutto in indicatori misurabili e in indici numerici riassuntivi che permettessero anche il confronto tra le diverse aziende. Li abbiamo chiamati “driver”, in quanto guidano la percezione della qualità dal punto di vista del lavoratore.

 

I 6 driver finali della qualità del lavoro sono stati così definiti:

 

  1. Direzione e scopo;
  2. Meritorietà ed equità;
  3. Organizzazione del lavoro;
  4. Sviluppo e crescita personale;
  5. Team e relazioni;
  6. Condizioni di lavoro e compensation.

 

Nei prossimi articoli, daremo alcune indicazioni pratiche analizzando questi driver nello specifico contesto dei lavoratori dell’accoglienza, trattando anche le diverse correlazioni presenti.

 

Ti ricordiamo che se sei interessato ad ottenere la certificazione Leading Hospitality Employer per la tua azienda, puoi contattarci via mail a aziende@lavoroturismo.it oppure puoi telefonarci allo 0421 381920.

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